Un café con Florencia

Al mondo c’è spagnolo e spagnolo. Alla scoperta di alcune differenze tra il castellano parlato a Madrid e quello parlato a Buenos Aires

Con oltre 40 milioni di abitanti ciascuno, la Spagna e l’Argentina sono due dei più popolosi paesi ispanofoni al mondo.

Le loro capitali – Madrid e Buenos Aires – sono metropoli ricche di storia e tradizioni. Ma, nonostante in esse si parli la stessa lingua ufficiale, le due città sono piuttosto diverse, sia in termini culturali che geografici. Grande è la distanza che le separa, più di 10.000 chilometri. Di certo però conta anche molto il fatto che Madrid sia la capitale di un antico Stato europeo, fiero custode della propria cultura e tradizione, mentre Buenos Aires sia una terra di approdo, fondata dai colonizzatori spagnoli, ma cresciuta nella contaminazione tra popoli diversi che nei secoli scorsi hanno raggiunto il continente sudamericano in cerca di una nuova vita.

Lo spagnolo parlato a Madrid e quello parlato a Buenos Aires, seppur definiti dallo stesso nome, “castellano”, presentano numerose differenze, non solo dal punto di vista della pronuncia, ma anche nell’ambito lessicale e grammaticale.

Andiamo a esplorare alcune di queste differenze con l’aiuto di prima mano della nostra collaboratrice Florencia Lopez, argentina di Buenos Aires. L’Italia, che per metà le ha dato i natali, la chiamava ad attraversare l’oceano per scoprire il vecchio mondo delle sue origini. Un richiamo ascoltato fino in fondo, visto che Flo vive felicemente a Milano ormai da oltre 10 anni, viaggiando spesso in Spagna per lavoro.

Florencia, quali differenze noti tra lo spagnolo parlato in Spagna e quello parlato in Argentina?

Percepisco subito alcune differenze nella pronuncia. Gli spagnoli si riconoscono per il loro modo caratteristico di pronunciare la “z” e la “c” con la lingua fra i denti. Il suono assomiglia alla “th” della parola thing in inglese e quindi per esempio le parole cinco e zorro suonano “thinco” e “thorro”. A noi argentini suona molto strano perché a Buenos Aires le lettere “z” e “c” in quei casi suonano invece come la “s” italiana.

La “s”, tra l’altro, nello spagnolo parlato in Argentina, è un po’ una vittima sacrificale! Gli argentini tendono a pronunciarla aspirata, tanto che in parole come estoy o disco il suono della “s” a volte è davvero impercettibile. Mi accorgo molto di questa cosa da quando vivo in Italia: noto che le persone a me qui più vicine, quelle che hanno appreso lo spagnolo ascoltandomi, quando provano a parlare fanno un terribile errore di pronuncia! Sbagliano completamente la dizione pronunciando al posto della “s” addirittura una doppia consonante, estoy diventa come “ettoy”, e disco diventa “dicco”. A me suona proprio ridicolo!

Un’altra caratteristica molto evidente della pronuncia spagnola rispetto a quella argentina è il suono delle lettere “ll” e “y”, lo yeísmo. Se in Spagna queste lettere si pronunciano come la “y” in inglese, in Argentina hanno un suono tipo la “j” francese, pertanto yo suona come “jo”, e llamar suona come “jamar”.

Trovi gradevole questo cambio di sonorità?

Sì, è curioso scoprire le differenze. Trovo soprattutto molto divertente andare alla ricerca di tutte quelle parole che noi in Argentina usiamo in una determinata accezione e in Spagna usano in un’altra. Ci sono termini che davvero possono creare delle strane incomprensioni. Ad esempio il verbo coger in Spagna è usatissimo e si usa in varie accezioni, come “prendere”, “cogliere”, “raccogliere”. In Argentina invece ne ha solo una, sufficientemente volgare da non poterla ripetere qui…

Oltre allo yeísmo di cui parlavi, un tratto molto caratteristico della vostra parlata per noi europei è l’uso del voseo. Ci racconti come funziona?

È vero. In Spagna si usa abitualmente il tu come pronome singolare di prima persona. In Argentina la seconda persona singolare è espressa dal vos e si porta dietro una serie di coniugazioni particolari. Quindi, invece di “tú tienes”, gli argentini dicono “vos tenés”, invece di “tú vienes”, gli argentini dicono “vos venís”. L’altra anomalia si verifica con la seconda persona plurale. In Spagna si usa vosotros, mentre da noi più comunemente ustedes. Questo termine però in Spagna è usato come pronome di cortesia: per intenderci, se usted è il pronome che si usa per dare del Lei a una persona, ustedes si usa invece per dare del Lei a un gruppo di persone.

Queste differenze non sono così importanti da impedire ai vari ispanofoni del mondo di capirsi. In Argentina capita questo: conosciamo bene le regole grammaticali dello spagnolo castigliano, per intenderci quelle dettate dalla Real Academia Española, perché a scuola è lo spagnolo che ci insegnano. Ma poi sistematicamente, fuori dalle sedi strettamente ufficiali e anche sui media, tutti usano il voseo e un vocabolario un po’ diverso.


Si dice che il modo di parlare in Argentina risenta molto dell’influenza dell’italiano. In cosa in particolare?

Rispetto alla più austera pronuncia castigliana, di noi argentini si dice che parliamo cantando. Ed è lo stesso che in tanti dicono degli italiani quando parlano la loro lingua. È probabile che questa cadenza armoniosa sia derivata proprio dall’influenza dei numerosissimi italiani che hanno contribuito a creare l’Argentina di oggi. Nel nostro dialetto, il lunfardo, ci sono moltissimi italianismi: laburo (da lavoro), festichola (da festicciola), birra (da noi questa parola può sostituire il castiglianissimo “cerveza”), fiaca (dalla parola italiana “fiacca” che in spagnolo sarebbe flaqueza, desgano, pereza) o mufa (nel senso di mala suerte, dall’italiano “muffa”).

A proposito del lunfardo, in cosa si differenzia dallo spagnolo d’Argentina?

Il lunfardo è un dialetto parlato in tutta l’Argentina, ma è compreso fino in Uruguay. Le costruzioni grammaticali non cambiano, ma ci sono molte parole derivate dall’influenza dell’immigrazione nel nostro Paese. Come ho detto prima, molte sono chiaramente italiane. All’inizio era usato più in contesti familiari e informali. Oggi il suo uso si è diffuso così tanto in Argentina che si usa anche sulla stampa, in TV e a lavoro.

Lasciaci con un’espressione tipica!

L’espressione più argentina che esista è il che. Qui in Italia fa subito pensare all’argentino più famoso della storia, Che Guevara. Non so esattamente che legame ci sia, ma il fatto è che si tratta di un intercalare usatissimo. È un po’ come dire “hey amico”, o in anglosassone “dude”, “friend”. Fatto sta che bastano queste tre lettere a riconoscere un argentino al primo colpo. Allora…  “Che, qué decís si nos damos una vuelta por Buenos Aires?

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Giulia Zangerle

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