Cosa dire quando… si inizia o si finisce un pasto in Giappone

Una delle più importanti tradizioni del Sol Levante è quella legata alla cucina…

Il Giappone ha una cultura antichissima tutt’oggi viva – basti pensare alla cerimonia del tè, al teatro Kabuki, all’arte della Geisha – pur avendo subìto durante i secoli influenze da ogni parte del mondo, fino a combinarsi in una cultura originale e preziosa basata sul contrasto tra occidentale e tradizione nipponica.

Una delle più importanti tradizioni del Sol Levante, rispettate in ogni comunità e famiglia giapponese, è quella legata alla cucina. La tradizione culinaria del Giappone non riguarda esclusivamente il cibo, le ricette e la loro preparazione, ma anche il rituale formale da seguire prima e dopo i pasti.

In giapponese “pasto” si dice gohan (studia il giapponese con Assimil!), che letteralmente si riferisce al “riso al vapore”: il piatto ha un’importanza tale nella cucina che, come una sorta di sineddoche, gohan ha finito per significare tutti i tipi di pasto.

Prima di qualsiasi gohan, le buone maniere giapponesi impongono che si dica itadakimasu, una parola che deriva dal verbo itadaku, un modo umile di dire “mangiare e ricevere” che pare abbia origine dall’usanza di ricevere un regalo da una persona di rango superiore abbassando la testa per mostrare apprezzamento e rispetto.

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Itadakimasu letteralmente significa: “Sto per ricevere la vostra vita perché diventi la mia stessa vita” e con vostra ci si riferisce alla vita degli animali e dei vegetali. Itadakimasu ha infatti due significati: da un lato è il ringraziamento rivolto alle persone coinvolte nel pasto e non necessariamente presenti, come chi l’ha preparato, chi ha coltivato le verdure o chi ha pescato il pesce. Dall’altro lato, si elogiano gli ingredienti, poiché nella tradizione giapponese anche frutta e verdura hanno vita, proprio come gli animali. Pronunciare itadakimasu, quindi, esprime la consapevolezza di quanto è stato sacrificato di Madre Natura perché il pasto fosse possibile.

La parola viene pronunciata quando il pasto è servito e tutti sono accomodati e pronti a mangiare. Spesso e volentieri, un giapponese in visita in occidente rimane negativamente sorpreso dalle nostre abitudini a tavola. In Italia, per esempio, nonostante molti dicano erroneamente* “buon appetito”, spesso e volentieri non solo si dà inizio a un pasto senza proferire parola, ma, soprattutto in famiglia, si inizia non appena il piatto è servito anche se non tutti hanno la pietanza o sono già accomodati.

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Goshisosama o gochisosama deshita, nella versione più formale, è invece la parola da pronunciare una volta terminato il pasto. In Italiano equivale a ringraziare con “era tutto delizioso” o  “grazie per il pasto”, poiché la parola gochiso si riferisce a banchetto, cibo sfarzoso o a ottimo pasto. Come per itadakimasu, anche per goshisosama ne viene insegnato l’utilizzo fin da bambini e viene utilizzato in momenti diversi in base a dove si è consumato il pasto: se si è a casa di amici o in famiglia, si pronuncia goshisosama quando si è certi di non mangiare più nemmeno un boccone; se si è al ristorante, lo si indirizza invece al personale dopo aver pagato il conto.

Per concludere, ecco quattro frasi molto comuni che potreste voler pronunciare durante un pasto in Giappone:

Okawari = Ne vorrei ancora, per favore (se chiedete una seconda porzione, fate attenzione a non lasciare nulla nel piatto, è giustamente considerato maleducato)
Oishii = Il cibo è delizioso
Kekkou desu = No, grazie
Onaka ga ippai = Sono pieno


* Erroneamente secondo l’Accademia Italiana Galateo: si dovrebbe infatti iniziare il pasto in silenzio perché, per gli aristocratici, la tavola era un’occasione per conversare e creare alleanze, non per riempirsi lo stomaco; il cibo era solo una scusa, e non si dava mai l’impressione di essere affamati o di partecipare al pasto con l’obiettivo primario di mangiare.

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