Il sud della Francia è una delle mete europee più ambite dal turismo internazionale. Grazie al clima mite, al lungo e variegato litorale mediterraneo, al fascino delle città d’arte e ai sapori del vino e della cucina locale può essere inserito a tutto diritto nella categoria dei “luoghi da visitare almeno una volta nella vita”.
All’interno di questo vasto territorio che va dalle Alpi ai Pirenei, la regione che forse più di tutte attrae il turista “medio” è la Provenza, una terra che rievoca immediatamente le grandi distese di fiori viola dall’odore gentile che, come una madeleine, ci riporta… ai profumati cassetti della biancheria di casa.
Ma in Provenza, oltre alla lavanda, come potrete ben intuire, c’è molto di più. È in effetti una terra dalla forte identità culturale con tradizioni ancora ben radicate e soprattutto con una lingua tutta sua, dalla storia gloriosa.
Val la pena andare un po’ indietro nel tempo.
Il provenzale fa parte del gruppo delle lingue occitane o langue d’oc (una definizione che risale al Medioevo e secondo alcuni attribuita proprio da Dante Alighieri); è una lingua romanza perché, come il francese, lo spagnolo, l’italiano, il corso e il romeno, deriva dal latino. Può dirsi erede naturale del latino volgare che si parlava ai tempi della romanizzazione di quel territorio, chiamato allora provincia (in latino), poi divenuto nella lingua locale Prouvènço e infine, in francese, Provence.
Dall’XI al XIII secolo il provenzale vive i suoi anni più fertili: è la lingua usata dai trovatori, protagonisti del movimento poetico-letterario nato proprio nelle corti medievali del sud della Francia e che aveva nell’amor cortese la principale fonte di ispirazione. Durante quei secoli, e in parte anche in quelli a venire, questa lingua assumerà una dignità e un’autorevolezza tali da rimpiazzare il latino anche negli scritti ufficiali.
La sua parabola discendente comincia nel XV e XVI secolo quando i territori delle province cominciano a entrare nell’orbita dell’Ancien Régime. In epoca moderna, il francese inizia a imporsi come lingua delle istituzioni, ma il provenzale resta ancora a lungo una lingua viva sia nell’uso orale che nella produzione letteraria. Fu la Rivoluzione Francese a cambiare in modo sostanziale il corso delle cose: in quel momento storico l’esigenza era quella di cancellare il più possibile ogni particolarismo locale che potesse ricordare il vecchio regime e impedire la costruzione di una Francia unitaria.
Solo intorno alla metà del XIX secolo il provenzale vivrà una seconda giovinezza grazie al felibrismo, il movimento letterario, guidato dal poeta Frédéric Mistral, che aveva come scopo la riscoperta e la valorizzazione della lingua provenzale nella letteratura. L’opera di Mistral e dei suoi félibres ebbe un ruolo enorme nel riabilitare la lingua facendola assurgere ai fasti della poesia epica. L’eccezionale dedizione e il talento letterario gli valsero nel 1904 il premio Nobel per la letteratura.
Agli inizi del XX secolo, con l’introduzione della scuola dell’obbligo, il rapporto tra la popolazione e la sua lingua inizia a cambiare sensibilmente. L’uso del provenzale, come di molte altre lingue di Francia, sarà sostituito da quello del francese e le lingue regionali saranno via via relegate ai contesti della vita privata, specialmente nelle zone rurali e popolari.
Negli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, tuttavia, in un’epoca in cui cominciavano a nascere le prime generazioni di provenzali che non parlavano provenzale, questa tradizione inizia a tornare in auge con rinnovato interesse. Da allora la lingua provenzale è stata reintrodotta come materia di insegnamento nelle scuole e correntemente utilizzata anche in tv e in pubblicità, riguadagnando gradualmente tutto il suo portato culturale. Oggi, su una popolazione di circa 4 milioni di abitanti, circa 250-500 mila persone la parlano regolarmente e quasi un milione di persone la comprendono. Le comunità del luogo la rispettano e la valorizzano e vi si identificano molto profondamente.
Se avete in programma una visita in Provenza, ora sapete che recandovi in quei luoghi non farete fatica a incontrare persone che parlano questa antica lingua, soprattutto nei paesini e nelle città più piccole. E allora fermatevi sul ciglio di una strada, ai margini di un campo o nella piazzetta di un villaggio, mettete via telefono e macchina fotografica: tutto ciò che vi serve è la guida Assimil per il Provençal che avrete in tasca.
Avvicinatevi alle persone e non esitate a chiedere informazioni sul loro paese e sui luoghi meno noti da visitare. Chiedete il nome di una pianta, il significato del nome di una piazza o semplicemente complimentatevi per la bellezza del posto. Fatelo prima in francese e poi, piano piano, se ve la sentite, provate a usare la loro lingua. Lo apprezzeranno molto. Dimostrerete a questa gente che siete sinceramente interessati alla loro terra, che non siete un turista come tanti, alla ricerca di sole, fiori, tovaglie e paesaggi pittoreschi, ma volete saperne di più sulla loro storia.
Vi accorgerete allora che i provenzali sono un popolo molto caloroso, pronto a conversare spontaneamente con chi è interessato ad avvicinarsi alla loro cultura con sincera curiosità. Saranno felici del valore che attribuite ai loro racconti e orgogliosi di avervi insegnato qualcosa in più sulla loro terra. In questo modo, fidatevi, li avrete conquistati e magari acconsentiranno anche a scambiare due parole in quella lingua del cuore che usano solo con i più cari.
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