L’arabo letterario moderno: un passepartout per scoprire il mondo arabofono 

La lingua standard dei popoli arabofoni è il veicolo per orientarsi nel variegato scenario dei dialetti locali

 

La nostra prima uscita dell’anno riguarda una lingua di particolare importanza nell’attuale scenario sociopolitico e culturale mondiale. In quinta posizione tra le lingue più parlate al mondo, l’arabo è usato da più di 300 milioni di persone ed è lingua ufficiale in 24 paesi. 

Ci riferiamo all’arabo letterario moderno o standard perché, come tanti di voi già sapranno, questa lingua ha l’importante ruolo di fornire uno strumento di comunicazione condivisa ai numerosi popoli arabofoni e agli stati in cui vivono, alcuni dei quali arabi non sono (ad esempio Ciad, Eritrea e Gibuti), dove generalmente prevale la religione islamica, ma sono presenti anche importanti minoranze arabe cristiane fin dai primi secoli dell’era volgare.

Come di consueto, per soddisfare al meglio le curiosità dei nostri lettori, abbiamo chiesto al nostro “curatore della materia”, il professor Marco Cena, traduttore, interprete e insegnante di lingua araba, di andare a fondo raccontandoci i particolari di una realtà che conosce da vicino. 

Professor Cena, ci aiuta a delineare una geografia delle lingue parlate dagli arabofoni?

È un mondo linguisticamente molto variegato. Nell’ampia area geografica che va dal Marocco all’Iraq, passando per diversi stati nordafricani e mediorientali, si assiste a un fenomeno chiamato diglossia, consistente nella compresenza di due diversi piani linguistici: una lingua condivisa, l’arabo lettarario, e numerosi dialetti, specifici delle diverse zone e più o meno lontani dalla lingua standard. 

L’arabo letterario è la lingua della cultura scritta, della letteratura, dei TG e dei quotidiani, accessibile solo a chi è stato scolarizzato. Le sue origini affondano nella lingua utilizzata per la scrittura del Corano, che ne è l’opera più rappresentativa e a cui è ancora molto affine. 

I dialetti e le parlate locali sono le lingue della vita quotidiana e in alcuni casi, come accennato prima, lontanissime dall’arabo letterario, ad esempio il marocchino, o molto vicini, come i dialetti della zona sirolibanese. 

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Può aiutarci a dettagliare meglio le caratteristiche di questi numerosi dialetti arabi?

I vari dialetti differiscono moltissimo, sia nella pronuncia di vocali e consonanti – che a seconda dei casi suonano in modo diverso o addirittura non vengono pronunciate – sia nel lessico e in alcuni fenomeni morfologici, ad esempio del sistema verbale. L’arabo letterario, al pari del cinese classico, è una delle lingue lessicalmente più ricche al mondo e dunque mette a disposizione un’ampia varietà di sinonimi. Così è facile che, per indicare un oggetto o un concetto, un dialetto ne scelga uno piuttosto che un altro, dando vita a un’incredibile varietà. Inoltre ogni dialetto porta con sé tracce della storia che il suo popolo ha attraversato, ad esempio gli apporti delle lingue coloniali o le numerose influenze che la vicinanza con popoli contigui ha prodotto. Nei dialetti del Marocco settentrionale si trovano, ad esempio, molte parole di origine spagnola.

Il dialetto più compreso da tutti i popoli dell’area arabofona è l’arabo egiziano. L’Egitto è da lungo tempo un paese leader nella produzione culturale, soprattutto cinematografica e musicale. I film e le canzoni egiziane hanno reso popolari l’umorismo e i modi di dire di questo popolo, e oggi sono capiti un po’ da tutti. 

In area maghrebina, il marocchino, l’algerino e il tunisino sono sufficientemente intelligibili l’uno con l’altro. Tra questi, grazie anche alla chiarezza della pronuncia, il meno ostico è sicuramente il tunisino. In Libia si parla un dialetto molto simile all’arabo egiziano, mentre in Egitto, oltre al dialetto cairota della capitale, ci sono i dialetti ṣa῾īdī (da ṣa῾īd = Alto Egitto, denominazione dell’Egitto meridionale) del sud, diversi soprattutto nella pronuncia di qualche consonante. Si arriva poi in Medioriente, dove la zona sirolibanese e palestinese presenta una discreta omogeneità linguistica. La parlata palestinese si avvicina molto a quella giordana, se ci si riferisce però solo alla lingua parlata nella capitale Amman: le parlate beduine delle zone desertiche e rurali evidenziano invece tratti molto più puri e arcaici.
Altra parlata poi in Iraq, stato che segna a est i confini dell’area arabofona, i cui dialetti, a causa della posizione geografica periferica, presentano mutazioni fonetiche pressoché uniche. Infine troviamo i dialetti della penisola arabica, che, a seconda delle zone, si rivelano più o meno simili a quelli delle aree contigue, ma includono anche varianti molto antiche dotate di peculiarità a sé stanti, come l’arabo ḥaḍramī, parlato nella regione yemenita del Ḥaḍramawt, che evidenzia un sostrato risalente addirittura alla lingua sudarabica, oggi estinta.
Per completare la mappa, non dimentichiamo che l’arabo letterario moderno è lingua ufficiale anche in Mauritania (dove si parla una varietà dialettale specifica denominata ḥassāniyya, o mauro), Sudan, Ciad, Eritrea, Gibuti e Comore, paesi in cui convive con le lingue locali.

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Esiste nel mondo una lingua che abbia o abbia avuto una funzione analoga all’arabo letterario con i suoi dialetti?  

La diglossia è un fenomeno che ha caratterizzato, e in parte continua a caratterizzare, anche l’Italia. Pensiamo all’italiano manzoniano, la lingua letteraria che gettava le basi per un’unità linguistica e culturale, ma che conviveva con la moltitudine delle parlate dialettali della penisola, lingue di fatto usate dalla gente nella vita quotidiana, o alle aree del nostro paese in cui ancora oggi ci sono persone che usano il dialetto locale come madrelingua e l’italiano, in cui devono mentalmente tradurre, come lingua acquisita. Tanto per fare un altro esempio, esistono oggi in Cina, a fianco del cinese mandarino e cantonese, innumerevoli dialetti parlati su un territorio talmente vasto da risultare inintelligibili gli uni con gli altri, e che perciò sarebbe forse preferibile definire lingue.

Tengo a precisare che, rispetto a una parlata, la definizione di lingua o dialetto non ha mai carattere oggettivo. È sempre la storia sociale e nazionale di un popolo, con criteri estranei a quelli linguistici, a decidere dello statuto di lingua o dialetto di una parlata. Ad esempio, l’olandese e il tedesco sono dialetti di una stessa lingua, ma hanno assunto la dignità di lingue ufficiali perché storicamente Olanda e Germania sono diventati due stati nazionali. In Italia, invece, il veneziano ha smesso di avere dignità di lingua da quando Venezia non è più la Serenissima autonoma e la lingua dei veneziani è oggi diventata semplicemente un dialetto italiano.

Cosa è rimasto invece delle lingue coloniali nell’arabo moderno?

Sono rimasti alcuni termini tecnici o di uso quotidiano mutuati dalle lingue europee relative ai paesi colonizzatori, soprattutto dal francese e dall’inglese o, in Libia e Tunisia (per ragioni di prossimità), dall’italiano. Da anni però è in lavorazione un’opera monumentale, da parte dell’Accademia della Lingua Araba, che cerca di creare un vocabolario totale e onnicomprensivo dell’arabo letterario, coniando anche neologismi che siano coerenti con le caratteristiche della lingua classica. Nella maggior parte dei casi però si tratta di soluzioni teoriche, che, se da un lato ambiscono a fornire termini linguisticamente “puri” per definire oggetti, prodotti e ritrovati dell’età contemporanea, dall’altro offrono un risultato quasi sempre ingombrante e artificioso, che non riesce a imporsi nell’uso. Del resto, se il termine, come spesso avviene, si riferisce a oggetti o invenzioni di origine non araba, tutti finiscono per usare la denominazione internazionale comunemente impiegata. Ho lavorato spesso come interprete di arabo in alcuni settori industriali, dal tessile all’automobilistico, ed è molto frequente l’uso di termini mutuati dall’inglese, dal francese e dall’italiano.

Del resto, gli apporti linguistici non avvengono in una sola direzione. Anche l’Europa ha tratto dall’arabo tutta una serie di termini che da tempo sono entrati di diritto nelle nostre lingue…

Sì, ad esempio tanti termini commerciali o legati alla navigazione, o anche all’astronomia, oggi presenti in italiano e in altre lingue europee, sono arabi perché si riferiscono a cose di loro invenzione, pensiamo a parole come tariffa, darsena, arsenale, magazzino, zero, alcol... Nello spagnolo castigliano si calcola che i termini di origine araba siano circa quattromila! Le influenze sono infinite e, soprattutto, reciproche.

Per chi studia, chi viaggia e chi lavora, un consiglio per affrontare la diglossia nel migliore dei modi…  

Chi parte per una vacanza più o meno avventurosa fa bene a cercare di destreggiarsi con le parlate locali del luogo che va a visitare, per poter entrare in contatto con la popolazione locale, anche quella meno scolarizzata. Sconsiglio vivamente però di approcciare un qualsiasi dialetto senza aver prima acquisito una conoscenza di base dell’arabo letterario. La lingua standard offre una chiave per comprendere molto più facilmente le mutazioni nelle strutture linguistiche che avvengono nei dialetti: alcuni fenomeni relativi alla coniugazione verbale, ad esempio, possono apparire decisamente strani e impararli senza una base di partenza può risultare piuttosto complicato.

Questo è ancora più vero per chi studia o vuole avvicinarsi a questi paesi per lavoro. Partire dalle strutture della lingua standard aiuta a costruire la propria conoscenza su basi molto più solide, che il corso di Arabo della Collana Senza Sforzo di Assimil senza dubbio può aiutare ad acquisire.

Per concludere, data la diffusione della lingua araba, avvenuta parallelamente alla diffusione della religione islamica, conoscere l’arabo letterario oggi significa anche possedere un passepartout per muoversi in tutto il mondo islamico, perfino in paesi non arabofoni ma musulmani, come il Kenya, la Tanzania, il Mali, il Senegal e il Niger o l’Indonesia, dove un minimo di arabo letterario è compreso, ad esempio, dalle molte persone che hanno avuto un’istruzione religiosa. In fondo, è forse questa la principale ragion d’essere dell’arabo letterario moderno, lingua veicolare di cultura, idee e costumi, e proprio qui risiedono il grande fascino da esso esercitato nonché il segreto della sua vitalità.

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RECENSIONI

Giulia Zangerle

Ritengo che sia il miglior corso di lingue per autodidatti sul mercato. Il mio livello C1, raggiunto con l’inglese e il francese, senza dubbio alcuno deve molto ai corsi base e di perfezionamento! Grazie mille, per il servizio e la sempre cortese professionalità offerta

l.castrogiovanni@campus.unimib.it

Ho ormai finito da qualche giorno il metodo di greco moderno che proponete in catalogo. Ho seguito il corso nella sua interezza, compreso di supporto audio che ho potuto facilmente trasferire sul mio cellulare in modo tale da avere sempre a portata di mano le lezioni. Devo dire di avere ottenuto notevoli risultati in poco tempo: tutti i miei amici greci sono rimasti stupiti, mentre quelli che non mi conoscevano mi hanno scambiato addirittura per un greco inizialmente. Per questo vi ringrazio di cuore del lavoro svolto su questo manuale, che consiglio vivamente a tutti i miei amici!

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